(da fonte il Messaggero del 20 luglio 2020) La Romania rischia di diventare il Brasile d'Europa. L'allarme è scattato per la crescita dei contagi negli ultimi giorni, sabato si è toccato il record (899) dall'inizio della pandemia. L'aumento esponenziale preoccupa i Balcani e tutta l’Unione Europea: ufficialmente sono solo 36mila i casi di Covid in Romania, ma in realtà il numero potrebbe essere di gran lunga superiore. La situazione nel Paese è stata complicata dalla decisione della Corte costituzionale romena in base alla quale le autorità non hanno il potere di imporre la quarantena, il ricovero o l’isolamento.
La decisione ha portato alle dimissioni di 900 persone contagiate. Il presidente romeno Klaus Iohannis ha firmato un emendamento alla legge sulla quarantena che stabilisce che i pazienti possono essere monitorati per 48 ore al massimo, in seguito alle quali un medico deve stabilire se possono essere dimessi. I governatori locali non vogliono sentire parlare di un ritorno del lockdown, temono le gravi ripercussioni economiche. E anche se il primo Ministro Orban sarebbe contrario a nuove misure restrittive, il presidente Iohannis è per una linea di maggiore cautela.
BALCANI
La Romania, il principale Stato dei Balcani sia per estensione geografica, quantità di emigrati e lavoratori stagionali e importanza economica, può diventare una minaccia per tutta l'Europa. Il riaccendersi dei contagi preoccupa particolarmente paesi come Italia o Germania o Francia, che hanno importanti rapporti economici, produttivi e commerciali con la Romania e ospitano tantissimi lavoratori provenienti dal Paese. Dopo un calo dei casi che aveva fatto sperare in un esaurimento dell'epidemia, negli ultimi giorni c'è stata una ripresa nei Balcani e il paese più colpito è proprio la Romania dove nei giorni scorsi è stato chiuso uno stabilimento di lavorazione della carne dopo che 93 dipendenti sono risultati positivi al covid-19.
La curva dei contagi è in crescita da alcune settimane anche in Kosovo e Bosnia-Erzegovina, Paesi che insieme a Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord sono stati inseriti dal ministero della Salute nella lista dei Paesi i cui ingressi sono vietati in Italia fino alla fine di luglio.
Le istituzioni a Bucarest tengono alta la guardia, e l'idea di un nuovo lockdown non è del tutto esclusa. «Non desideriamo imporre alcuna altra restrizione - ha detto il premier Ludovic Orban - nessuna misura che abbia un effetto negativo sull'economia, ma tutto dipende dal rispetto delle regole e dall'evoluzione della pandemia». Intanto, il presidente, Klaus Iohannis, ha promulgato una legge con nuove misure anti-Covid, e che prevede il ricovero obbligatorio per i romeni contagiati, mentre coloro che provengono dalle zone ad alto rischio entreranno in quarantena. Ma negli ultimi giorni, centinaia di ricoverati hanno lasciato gli ospedali contro il parere dei medici. E preoccupa la situazione sanitaria nel Paese, tanto che nei mesi scorsi medici e infermieri avevano protestato per la mancanza di mascherine, guanti, respiratori ed erano arrivati a minacciare di sospendere il lavoro. E dire che nei giorni drammatici dell'epidemia in Italia, dalla Romania erano arrivati medici e infermieri a dare un aiuto ai colleghi dell'ospedale di Lecco.
I CASI Sono in totale di 536.109 i casi confermati di contagi da coronavirus registrati dall'inizio della pandemia nei Paesi dell'Europa centrale e orientale, in Germania, Austria e Grecia, secondo dati ufficiali raccolti dall'Oms, aggiornati al 19 luglio. La crescita percentuale su base settimanale dei contagi totali, sulla base di elaborazioni aggiornate al 13 luglio, è stata particolarmente sostenuta nell'ultima settimana in Montenegro, Kosovo, Bulgaria, Bosnia-Erzegovina e Albania. Bielorussia, Moldova e Macedonia del Nord registrano più casi confermati di Covid-19 per milione di abitanti che l'Italia. I decessi registrati nell'area sono stati finora 19349 (+78), di cui 9084 in Germania, 2009 in Romania, 1618 in Polonia, 1485 in Ucraina, 711 in Austria, 680 in Moldova, 596 in Ungheria, 495 in Bielorussia.
I NEGAZIONISTI Paolo Bonanni, epidemiologo, ordinario di Igiene all'Università di Firenze, si dice preoccupato «per i nuovi focolai in Spagna, Romania,Balcani e Francia. Ognuno di noi deve essere responsabile e non abbassare la guardia». Parlando dello tsunami contagi in Usa e Brasile - in un'intervista al Corriere - sostiene che «non è un caso che succeda in Paesi di fatto negazionisti, che non hanno mai accettato una politica di chiusura e di distanziamento. La prevenzione è identica in tutto il mondo: igiene delle mani, distanziamento, utilizzo della mascherina nei luoghi chiusi. L'Italia, con un lockdown serio e una severità di comportamenti è andata meglio di tanti altri Paesi».
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