Mettendo da parte strategie di contenimento dell’infezione, di metodi per individuare la popolazione positiva, restrizioni e disposizioni del governo, MA … SE MI AMMALO, O PER PREVENIRE UNA POSSIBILE INFEZIONE DA COVI 19, QUALI SONO I FARMACI CONSIGLIATI E CHE SI POSSONO PRESCIVERE? La comunità scientifica su quali terapie sta lavorando?
SPESSO MI SONO CHIESTO: SE MIO FIGLIO O UNA PERSONA DELLA MIA FAMIGLIA AVESSE LA FEBBRE OPPURE AVESSI IL SOSPETTO DI AVER CONTRATTO IL VIRUS, quale protocollo dovrei seguire? trovandomi nella situazione di: 1) impossibilitato a chiamare un’ambulanza. 2) la stessa non è disponibile. 3) il medico/pediatra è irraggiungibile o per qualsiasi motivo non riesco a contattare IL NUMERO VERDE, un medico o l’ospedale per assenza di collegamento…., cosa posso somministrare per “tamponare” o “contenere” una possibile infezione?
Sicuramente una risposta precisa non può essere data se non si è certi che sia un‘infezione da Coronavirus; allora prima di valutare le terapie o farmaci da seguire, VEDIAMO DI CAPIRNE DI PIU’ anche per evitare confusione e giudizi inappropriati tipo; il Covid non esiste, non si muore di Covid, il Covid non uccide, è un virus, un batterio … ecc. ma il Covid 19 cos’è?
Ho iniziato a fare una ricerca su internet partendo dalla fonte C. Silvestri e C. Stasi:
COS’È IL NUOVO CORONAVIRUS SARS-COV-2? Il virus SARS-CoV-2 fa parte dell’ampia famiglia dei coronavirus che provocano malattie che vanno dal comune raffreddore invernale a malattie molto più gravi come la Sindrome Respiratoria del Medio Oriente (MERS) e la Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS). Questi tipi di virus si chiamano così perché i loro virioni (la parte infettiva) appaiono al microscopio elettronico come piccoli globuli, sui quali ci sono tante piccole punte proteiche che ricordano quelle di una corona.
Una di queste “punte” conosciuta come Spike ha la funzione di ancorarsi alle cellule dell’organismo umano permettendo l’ingresso del virus. Una volta che il virus è entrato dentro la cellula umana, l’RNA virale (acido ribonucleico) viene immediatamente tradotto dalla cellula infetta in proteine virali. Successivamente, la cellula infetta muore liberando milioni di nuove particelle virali. A questo punto, l’organismo ospite (uomo), attiva una risposta immunitaria. Il quadro clinico legato alla presenza del virus e alla sua replicazione e, probabilmente, anche alla reazione immunitaria che l’organismo umano sviluppa contro il virus, sono molto variabili. Si calcola che nel 70% dei pazienti la malattia sia asintomatica o con sintomi molto lievi (raffreddore, dolori muscolari, oculorinite), mentre nel restante 30% si ha una sindrome respiratoria con febbre elevata, tosse, fino a raggiungere l’insufficienza respiratoria grave che può richiedere il ricovero in terapia intensiva.
Questa immagine offre la rappresentazione semplificata del ciclo di vita virale della Sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2 (SARS-CoV-2) e dei potenziali bersagli farmacologici. La figura è tratta dalla review: Pharmacologic Treatments for Coronavirus Disease 2019 (COVID-19). Sanders JM, Monogue ML, Jodlowski TZ, Cutrell JB.
QUALI SONO I FARMACI ATTUALMENTE USATI? Una parte importante della comunità scientifica sta lavorando sulla messa a punto di terapie valide e quella farmacologica Successivamente sono riportati anche gli studi/aggiornamenti sui farmaci utilizzati in precedenza e la loro INEFFICACIA. A seguire un aggiornamento sui “VACCINI” che si stanno studiando e proponendo.
Personalmente non sono sull’obbligatorietà del vaccino. Ognuno è libero di scegliere, anche perché gli studi (lo vediamo in seguito) sono tutti sperimentali e nessuno garantisce il 100% dell’efficacia 0 l'assenza di effetti collaterali.
Attualmente non esiste nessuna terapia che si sia dimostrata sicuramente efficace nella cura dell’infezione da SARS-CoV-2. Dato che si tratta di un’infezione virale e che la fase avanzata di COVID-19 è legata anche alla risposta infiammatoria dell’organismo, le classi di farmaci attualmente utilizzate sono:
ANTIVIRALI Diversi inibitori delle proteasi attualmente utilizzati per la terapia dell’HIV, potrebbero inibire la replicazione virale dei coronavirus inattivando le proteasi, che sono fondamentali per la replicazione.
Infatti, fra i principali farmaci che sono stati utilizzati nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19, troviamo il LOPINAVIR / RITONAVIR (Kaletra), che venne e viene ancora oggi utilizzato nei pazienti COVID-19 con minore gravità e nelle fasi iniziali della malattia, gestiti sia a domicilio sia in ospedale. Precedenti esperienze nell’infezione da SARS-CoV-1 e MERS, suggeriscono che tale farmaco possa migliorare alcuni parametri clinici dei pazienti.
Studi approfonditi (29 Giugno 2020) hanno evidenziato che il Lopinavir / ritonavir "non è efficace" per i pazienti ospedalizzati con COVID-19, Si è scoperto che un trattamento antivirale comunemente usato per trattare l'HIV non ha alcun effetto benefico nei pazienti ospedalizzati con COVID-19, secondo la terza serie di risultati emersi dallo studio "Randomized Evaluation of COVID-19 Therapy" (RECOVERY). In una dichiarazione pubblicata il 29 giugno 2020, i principali ricercatori dello studio RECOVERY hanno affermato che una revisione di routine dei dati emergenti aveva dimostrato che lopinavir / ritonavir non ha avuto alcun beneficio clinico nei pazienti COVID-19 ospedalizzati rispetto alle sole cure usuali. Finora sono stati arruolati nello studio RECOVERY più di 11.800 pazienti, 1.596 dei quali sono stati randomizzati al gruppo di intervento che riceveva lopinavir / ritonavir. Questo gruppo è stato poi confrontato con 3.376 pazienti che sono stati randomizzati a ricevere solo le cure usuali. Dei pazienti randomizzati, il 4% ha richiesto una ventilazione meccanica invasiva quando sono entrati nello studio, il 70% ha richiesto solo ossigeno e il 26% non ha richiesto alcun intervento respiratorio. In tutti i sottogruppi di pazienti, è stato riscontrato che non vi era alcuna differenza significativa tra lopinavir / ritonavir e le cure abituali per quanto riguarda il numero di pazienti deceduti a 28 giorni (22,1% contro 21,3%; rischio relativo 1,04, confidenza del 95% intervallo 0.91–1.18). Non è stata inoltre riscontrata alcuna evidenza di un effetto benefico della combinazione di farmaci sul rischio di progressione verso la ventilazione meccanica o sulla durata della degenza ospedaliera. "Questi risultati preliminari mostrano che per i pazienti ospedalizzati con COVID-19 e non su un ventilatore, lopinavir / ritonavir non è un trattamento efficace", ha detto Peter Horby, professore di malattie infettive emergenti e salute globale presso il Dipartimento di Medicina di Nuffield presso l'Università di Oxford e capo investigatore del processo.
“In 100 giorni, lo studio RECOVERY ha fornito risultati che hanno consentito tre volte il cambiamento nella pratica globale.
Questo straordinario sforzo nazionale ha dimostrato che due farmaci utilizzati per il trattamento di pazienti COVID ospedalizzati in tutto il mondo - idrossiclorochina e lopinavir / ritonavir - non migliorano la sopravvivenza, mentre un farmaco non raccomandato, il desametasone, salva vite ”.
Martin Landray, professore di medicina ed epidemiologia presso il Dipartimento di Medicina di Nuffield presso l'Università di Oxford, e vice capo investigatore dello studio, ha affermato che i "risultati chiari" hanno sottolineato il valore di ampi studi clinici randomizzati nella differenziazione dei farmaci che si spera funzionino. rispetto a quelli noti per funzionare.
“In molti paesi, le attuali linee guida raccomandano lopinavir / ritonavir come trattamento per COVID-19. I risultati di questo studio, insieme a quelli di altri grandi studi randomizzati, dovrebbero informare le revisioni di tali linee guida e le modifiche al modo in cui i singoli pazienti vengono trattati ". RECOVERY continua ad arruolare pazienti per consentire lo studio di azitromicina, tocilizumab e plasma convalescente nel trattamento del COVID-19. Si prevede che altri trattamenti saranno inclusi per lo studio in futuro.
Anche REMDESIVIR, appartenente alla classe degli analoghi nucleotidici, utilizzato in precedenza nell’epidemia da virus Ebola in Africa, è utilizzato in pazienti con malattia moderata e severa.
Così come la Clorochina e Idrossiclorochina (PLAQUENIL) sono farmaci ad azione antivirale ed entrambi hanno anche un’attività immunomodulante che potrebbe sinergicamente potenziare l’effetto antivirale in vivo.
E' stato comunque approvato uno studio “(ARCO-Home study)” con l’obiettivo di sperimentare l’efficacia di DARUNAVIR-COBICISTAT, LOPINAVIR-RITONAVIR, FAVIPIRAVIR e Idrossiclorochina (PLAQUENIL) come terapie domiciliari in una popolazione COVID-19 precoce al fine di prevenire la progressione dell’infezione verso forme cliniche gravi o critiche con necessità di ricorso al ricovero e a procedure invasive come l’intubazione.
INIBITORI DELL’INFIAMMAZIONE
Numerose evidenze sperimentali e cliniche hanno dimostrato che una parte importante del danno provocato dal virus è legato ad un’alterata risposta infiammatoria e in alcuni pazienti a un abnorme rilascio di citochine pro-infiammatorie come interleuchina-6, interferone-gamma, tumor necrosis factor alfa.
Per questo, anche in base alla precedente esperienza dimostrata nei pazienti con SARS, vengono utilizzati nell’emergenza Covid-19 farmaci anti infiammatori (in particolare anticorpi monoclonali) che da alcuni anni vengono utilizzati in reumatologia al fine di inibire la risposta immunitaria: il Tocilizumab e l’Anakinra.
In particolare il farmaco maggiormente utilizzato nell'ambito delle sperimentazioni cliniche per il trattamento della malattia è il Tocilizumab (anticorpo diretto contro il recettore dell’interleuchina-6). Tale farmaco è stato autorizzato dall’Aifa il 3 aprile, randomizzato, in doppio cieco, per valutarne la sicurezza e l’efficacia.
Uno studio italiano non comparativo su tocilizumab “TOCIVID-19” promosso dall’Istituto Nazionale Tumori di Napoli. Pur con i limiti riportati nel summary, i risultati suggeriscono che il farmaco può ridurre significativamente la mortalità a un mese, ma che il suo impatto sia meno rilevante sulla mortalità precoce (14 gg).
L’efficacia e la sicurezza di Emapalumab, e Anakinra, invece, sono in valutazione in uno studio di fase 2/3, multicentrico, volto a ridurre l’iper-infiammazione e il distress respiratorio in pazienti con infezione da nuovo coronavirus.
ANTICORPI TERAPEUTICI
Gli anticorpi prelevati dal sangue dei pazienti guariti, rappresentano un’opzione terapeutica attualmente in fase di studio. Si calcola che la dose di anticorpi necessaria per il trattamento di un paziente affetto da SARS-CoV-2, necessita del prelievo di anticorpi effettuato da almeno tre pazienti guariti dall’infezione da SARS-CoV-2.
TERAPIE DI SUPPORTO Altre terapie essenziali sono le cosiddette terapie di supporto utilizzate per mantenere in vita il paziente in attesa che altri farmaci siano efficaci o che la malattia guarisca spontaneamente. Di questi fanno parte:
l'ossigenoterapia a bassi o alti dosaggi
la ventilazione a pressione positiva non invasiva (NIV)
la ventilazione meccanica mediante intubazione
in casi estremi può essere attuata la extra corporeal membrane oxygenation (ECMO) che consiste nel sostituire l’azione polmonare di ossigenazione utilizzando una procedura di circolazione extracorporea aumentando, così, l’ossigenazione del sangue.
Un’altra misura terapeutica di supporto consiste nel mobilizzare il malato dal letto alla poltrona e di fargli assumere la posizione prona, quando disteso, al fine di ottenere una migliore espansione polmonare.
FACCIAMO CHIAREZZA SUI VACCINI: SU QUALI TIPOLOGIE E SPERIMENTAZIONI SI STA LAVORANDO? La (CEPI), organizzazione internazionale che ha lo scopo di promuovere lo sviluppo e lo stoccaggio di vaccini contro microorganismi in grado di causare nuove e spaventose epidemie, sta coordinando i numerosi progetti per la preparazione di vaccini contro il virus SARS-CoV-2. A causa della recente scoperta del virus e della difficoltà di prevedere il tipo di risposta immunitaria prodotta, le strategie adottate risultano molto diversificate fra loro e, di conseguenza, il tipo di vaccino in grado di proteggere dall’infezione. In particolare, i ricercatori stanno lavorando su tre tipologie di vaccini:
Vaccino a RNA: si tratta di una sequenza di RNA sintetizzata in laboratorio che, una volta iniettata nell’organismo umano, induce le cellule a produrre una proteina simile a quella a quella verso cui si vuole indurre la risposta immunitaria (producendo anticorpi che, conseguentemente, saranno attivi contro il virus)
Vaccino a DNA: il meccanismo è simile al vaccino a RNA. In questo caso viene introdotto un frammento di DNA sintetizzato in laboratorio in grado d’indurre le cellule a sintetizzare una proteina simile a quella verso cui si vuole indurre la risposta immunitaria
Vaccino proteico: utilizzando la sequenza RNA del virus (in laboratorio), si sintetizzano proteine o frammenti di proteine del capside virale. Conseguentemente, iniettandole nell’organismo combinate con sostanze che esaltano la risposta immunitaria, si induce la risposta anticorpale da parte dell’individuo.
A CHE PUNTO SIAMO CON IL VACCINO CONTRO IL CORONAVIRUS?
Nonostante la forte pressione esercitata dalla pandemia di COVID-19, il futuro utilizzo di un vaccino deve essere necessariamente preceduto da studi rigorosi che richiedono il tempo necessario per valutarne l’efficacia e la sicurezza.
Inizialmente la ricerca ha inizio con la valutazione in vitro delle componenti dell’agente che andrà a costituire la componente attiva del vaccino.
Una volta definito questo aspetto ha inizio la fase cosiddetta preclinica in cui viene testata la risposta immunitaria e/o i meccanismi avversi su organismi viventi complessi non umani.
Superata questa fase ha inizio la vera e propria sperimentazione clinica sull’uomo che si realizza in più fasi (4 fasi) in base al modello sperimentale adottato, la quantità di componente somministrata e la numerosità del campione di popolazione coinvolta. Le prime tre fasi precedono la commercializzazione del vaccino, mentre la quarta fase viene effettuata quando il vaccino è già in commercio.
Lo sviluppo del vaccino è un processo lungo, che normalmente richiede anni e numerosi investimenti economici. I trial clinici richiedono molti test su migliaia di persone e normalmente iniziano dopo circa 2-5 anni dalle iniziali ricerche sulla risposta immunitaria, cui seguono altri due anni di prove precliniche che coinvolgono la sperimentazione animale.
Se il vaccino risulta sicuro ed efficace, deve poi rispondere a tutti i requisiti regolatori e ottenere l'approvazione. Nell'attuale emergenza, è stato proposto un periodo di tempo più ristretto compreso tra 12 e 18 mesi.
In conclusione, la ricerca è in continua evoluzione, riteniamo interessante citare sotto alcuni trial fra più recenti:
VACCINO RICOMBINANTE CONTRO IL CORONAVIRUS (AD5-NCOV)
I risultati dello studio hanno ampliato le conoscenze sull'immunogenicità e sulla sicurezza del vaccino vettoriale Ad5-nCoV, supportando l’avvio di uno studio di efficacia di fase 3.
Dei 108 soggetti arruolati, 36 hanno ricevuto una dose bassa, 36 una dose media e 36 una dose alta di vaccino.
Su 108 partecipanti 87 (81%) hanno riportato almeno una reazione avversa entro i primi 7 giorni dalla vaccinazione: 30 (83%) nel gruppo a basso dosaggio, 30 (83%) nel gruppo a medio dosaggio e 27 (75% ) nel gruppo ad alto dosaggio, senza nessuna differenza significativa nel numero complessivo di reazioni avverse tra i gruppi. La reazione avversa più comune nel sito di iniezione è stata il dolore, mentre le reazioni avverse sistemiche più comunemente riportate sono state febbre, affaticamento, mal di testa e dolore muscolare. Non sono stati segnalati eventi avversi gravi entro 28 giorni.
Al 7º giorno dopo la vaccinazione, 9 partecipanti (8%) presentavano un aumento della bilirubina totale da lieve a moderato, 10 (9%) un aumento di alanina aminotransferasi e 4 (4%) iperglicemia a digiuno, ma non sono stati considerati casi clinicamente significativi.
Le risposte anticorpali specifiche contro SARS-CoV-2 hanno raggiunto il picco dopo 28 giorni dalla somministrazione della dose di vaccino e la risposta immunitaria specifica dei linfociti T è stata evidenziata a partire dal 14° giorno.
VACCINO CHADOX1 NCOV-19
Si tratta di uno studio allestito presso la Clinical Biomanufacturing Facility dell'Università di Oxford, che utilizza un adenovirus come vettore per un trasporto delle sequenze genetiche necessarie alle cellule umane per la sintesi dell'antigene virale.
Tra il 23 aprile e il 21 maggio 2020, sono stati arruolati 1.077 adulti sani (età compresa 18-55 anni). Una modifica del protocollo, ha consentito la somministrazione del paracetamolo profilattico prima della vaccinazione.
Le reazioni avverse locali e sistemiche sono state più comuni, molte delle quali incluse dolore, sensazione di febbre, brividi, dolore muscolare, mal di testa e malessere generale. Non sono stati registrati eventi avversi gravi legati a ChAdOx1 nCoV-19.
I risultati preliminari mostrano che il vaccino candidato ChAdOx1 nCoV-19 somministrato in una singola dose era sicuro e tollerato, nonostante un profilo di reattogenicità più elevato rispetto ad altri vaccini. E’ stato scelto l’utilizzo di una singola dose più alta al fine di fornire la massima possibilità di un’induzione rapida degli anticorpi neutralizzanti. Nel contesto di un'onda pandemica in cui una singola dose più alta, ma più reattiva, potrebbe avere maggiori probabilità di indurre rapidamente l'immunità protettiva, l'uso del paracetamolo profilattico sembra aver aumentato la tollerabilità senza compromettere l'immunogenicità.
In conclusione il vaccino ChAdOx1 nCoV-19 ha mostrato un profilo di sicurezza accettabile e un aumento delle risposte anticorpali dose-dipendente e dopo una seconda dose. Questi risultati, insieme all'induzione di risposte immunitarie sia umorali che cellulari, supportano la valutazione su larga scala di questo vaccino candidato in un programma di fase 3 in corso.
VACCINO BNT162 Il 30 aprile 2020, è iniziato lo studio sul vaccino BNT162 anti Covid-19 sviluppato da BioNTech e Pfizer che valuterà la sicurezza, la tollerabilità, l'immunogenicità e la potenziale efficacia di un massimo di 4 diversi vaccini RNA SARS-CoV-2 candidati contro COVID-19. La sequenza “spike” è inclusa in due dei vaccini candidati, mentre negli altri due è incluso il dominio vincolante del recettore della proteina del coronavirus “spike”. Lo studio valuterà sia la singola dose che la doppia dose e fino a 3 livelli differenti di dosi diverse in tre gruppi d’età differenti (dai 18 ai 55 anni, dai 65 agli 85 anni e dai 18 agli 85 anni). Lo studio consiste di 3 fasi: 1) identificare i vaccini, i livelli di dose, il numero di dosi e il programma di somministrazione; 2) espansione della coorte; 3) vaccino candidato e dose individuata in larga scala. Lo studio verrà completato a marzo 2023.
VACCINO MRNA-1273 Lo studio clinico è attualmente in fase I (data di avvio 3 marzo 2010, la data riportata (2010) mi lascia un po’ perplesso), che prevedeva l’arruolamento di 45 persone in buona salute, di entrambi i generi con età compresa fra i 18 ed i 55 anni; progettato per valutare la sicurezza, la reattogenicità (cioè la capacità di indurre effetti collaterali e reazioni indesiderate) e la immunogenicità (indurre risposta immunitaria) di un nuovo vaccino in grado di codificare la proteina Spike del SARS-CoV-2 con conseguente stimolazione della risposta immunitaria da parte dell’uomo. Il trial prevede la somministrazione in tre fasi da 25 microgrammi [mcg], 100 mcg, 250 mcg attraverso un’iniezione intramuscolare al giorno 1 e al giorno 29. I soggetti saranno seguiti in follow-up per un periodo di 12 mesi dopo la seconda somministrazione. La data di completamento dello studio è prevista per il 1 giugno 2021.
VACCINO INO-4800 Il terzo trial clinico non randomizzato, attualmente in fase I, è progettato per la valutare il grado di sicurezza, tollerabilità e profilo immunologico del vaccino INO-4800 somministrato mediante iniezione intradermica seguita da elettroporazione (EP) (tecnica utilizzata per facilitare il passaggio di farmaci nella membrana cellulare) attraverso l’utilizzo di uno specifico disposititivo CELLECTRA® 2000. In questa fase i soggetti coinvolti sono 40, di età compresa fra i 18 ed i 50 anni, in buona salute e di entrambe i generi, sono suddivisi in 2 gruppi; un gruppo con somministrazione di 1 milligrammo di vaccino INO-4800 per via intradermica al tempo 0 e al 28 giorno (4 settimane) seguite da EP; un gruppo con somministrazione di 2 milligrammi di vaccino INO-4800 al tempo 0 e al 28° giorno (4 settimane) seguite da EP. La data di completamento stimata dai ricercatori è novembre 202
CONCLUSIONE?: Tutto è ancora in fase di sperimentazione. Non esiste una terapia UNICA e SICURA da seguire ed i vaccini allo studio, NON garantiscono ad oggi l’immunità e l’assenza da effetti/reazioni collaterali.
Comentarios