UNA REALTA’ GENERATA DAL DEGRADO MORALE E LA PERDITA DEI VALORI
Come stiamo educando le nuove generazioni? Quali sono i loro riferimenti? Di chi sono le responsabilità? Passano gli anni e lo scenario è devastante sotto tutti i punti di vista. Tutti ne siamo responsabili e complici di questa generazione di giovani che appaiono sempre più confusi, perduti e frustati. Si sentono depressi e inadeguati, in preda ad una forte ansia.
C’è da dire che non per tutti è così (fortunatamente). Fuori dal cerchio vi troviamo i sovra istruiti con laurea, master e certificazioni varie; traguardi raggiunti con la speranza della carriera e del successo che poi stenta ad arrivare o non arriverà mai. Una epidemia di ansia che coinvolge i giovani ma soprattutto le donne. Un recente studio denominato Pisa (Influential Programme for International Student assessment) dell’OCSE, svolto su 540 mila studenti di 15 anni in 72 Paesi diversi, ha rilevato che le ragazze inglesi sono quelle che più spesso saltano i pasti, si stressano per i compiti in classe fino a finire in ospedale per salute mentale.
Purtroppo il problema ha origini lontane ed in particolare in età scolastica. Bambini che crescono con l’ansia del voto e della prestazione sia scolastica che nelle attività sportive. Il bambino sente e soffre il fatto che non può fallire e quindi via di corsa a fare tutto e bene.
Mentre cresci, ti insegnano che se non otterrai certi voti non passerai gli esami e non potrai fare quella certa cosa, perciò cerchi costantemente di migliorarti. E così assorbi una pressione enorme. Cresci con l’idea che l’università è fondamentale per raggiungere più traguardi, più possibilità di lavoro, più inserimento in contesti particolari, se poi acquisisci un paio di Master pagati profumatamente e certificazioni di due o tre lingue è meglio ancora.
Le scuole di oggi e la società in generale si aspettano che punti sempre al massimo dei voti; ma se non ci riesci, non ti forniscono nessuno strumento per gestire l’insoddisfazione. Questo è il grande problema. Manca la cultura della gestione della sconfitta.
Vai avanti e ti accorgi che tutti gli investimenti che hai fatto, sia economici che di impegno personale in anni di studio non ti portano necessariamente al successo e la carriera.
E allora entri nel vortice dello stress e della depressione.
Quelli che ne hanno la possibilità (innanzitutto economica o sostenuti con grandi sacrifici), accumulano titoli e certificazioni per restare alla fine delusi, perché ti accorgi che la ricompensa è diversa da quello che ti avevano fatto credere. Perché la priorità di riuscita si misura nel “guadagnare più soldi possibile”. Un pensiero che assilla i giovani. Riuscire ed affermarsi anche con poco sforzo (vedi anche i format televisivi, nella moda o spettacolo)
Alcuni Psicologi, sono dell’idea che i ragazzi sono senza leadership, in cui l’eccesso della tecnologia e la cultura della gratificazione istantanea a tutti i costi, hanno creato una generazione prima dell’autostima necessaria e della forza per poter vivere sereni e con soddisfazione la propria vita.
Uno studio inoltre, ha evidenziato che nonostante nel nostro paese si studi di più (rispetto ad altri paesi come la Scandinavia) il rendimento è mediocre, piazzandosi solo al 34° posto (sotto la media Ocse) nel ranking mondiale della classifica Pisa.
In questo contesto il mondo “sempre connesso” di oggi non aiuta di certo. Oggi i ragazzi si trovano a vivere una vita superficiale, con valori morali quasi inesistenti rispetto alle precedenti generazioni, isolati spesso dal contesto in cui vivono. Internet, i social, hanno e continuano a svolgere un ruolo determinante sulla loro formazione.
È importante che genitori, docenti, formatori, istituzioni, esperti lavorino tutti insieme per trovare una modello culturale diverso, dove il bambino possa vivere serenamente i primi anni di scuola e possa diventare un adulto in grado di gestire la sconfitta e di vivere con serenità la propria vita, indipendentemente da quello che sarà il suo lavoro e le sue attività.
Così come la tv spazzatura e tutto quanto gira in internet compreso quella “OSCURA” e sommersa che non si comprende perché tutti sanno ma nessuno ferma o “chiude” i canali. Oggi su internet puoi tranquillamente trovare “il manuale di come suicidarsi” al chiuso o all’aperto. Così come tecniche di tortura e tanti altri argomenti DISEDUCATIVI e ASSURDI. Bisognerebbe vietarne la pubblicazione. Quindi, TUTTI abbiamo delle responsabilità e siamo complici degli atti di violenza, suicidi (non ultimo del ragazzino di 11 anni a Napoli). Un ragazzino appartenente a una famiglia “perbene, di professionisti, eppure è stato vittima di questo cancro dell’umanità: INTERNET, che sia utile non si discute ma se ci fossero delle misure di sicurezza e più controlli da parte non solo dei genitori ma degli organi di competenza per chiudere dei siti o profili “pericolosi” sarebbe già un passo avanti.
Bisogna che lo Stato con dei progetti mirati, la comunicazione e informazione facciano sentire la loro presenza e voce al fianco dei genitori e figli.
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