IN USA un 30 enne PARTECIPA A UN "COVID PARTY", SI AMMALA E MUORE. LE SUE ULTIME PAROLE PRIMA DI MORIRE : “Pensavo che il virus fosse una bufala”.
A raccontare la sua storia sono stati proprio i sanitari che lo hanno avuto in cura il paziente statunitense dopo la diagnosi di Covid. Una “festa Covid” è un incontro tenuto da qualcuno a cui è stato diagnosticato il coronavirus per vedere se il virus è reale e per vedere se qualcuno viene infettato.
“Penso di aver fatto un errore, ho pensato che si trattasse di una bufala, ma non lo è” sono le ultime drammatiche parole di un trentenne statunitense morto per coronavirus dopo aver partecipato a un “Covid party” una delle tante feste che purtroppo sono state molto in voga in Usa dopo la fine del lockdown e che purtroppo ancora oggi vengono organizzare in stati in cui invece il contagio è dilagante e vengono raggiunti i picchi giornalieri di casi positivi come il Texas. A raccontare la sua storia sono stati proprio i sanitari che lo hanno avuto in cura dopo la diagnosi di Covid in un ospedale della città di San Antonio .
Poco prima di morire il paziente si è rivolto a una infermiera e ha detto "Penso di aver fatto un errore, ho pensato che si trattasse di una bufala, ma non lo è", ha raccontato la dott.ssa Jane Appleby, responsabile medico presso l'ospedale metodista di San Antonio, aggiungendo: “Non voglio essere una allarmista ma stiamo solo cercando di condividere alcuni esempi del mondo reale per aiutare la nostra comunità a rendersi conto che questo virus è molto serio e può diffondersi facilmente."
La dottoressa ha dichiarato al Guardian di essere stata spinta a rivelare il caso dopo aver visto un aumento "preoccupante" delle infezioni. Una "festa Covid" è un incontro organizzato da qualcuno a cui è stato diagnosticato il coronavirus per vedere se il virus è una bufala o è reale e quindi vedere se qualcuno viene infettato, ha spiegato il medico invitando le persone a evitare simili party. I funzionari della sanità pubblica hanno riferito 8.196 nuovi casi e altri 80 decessi nelle ultime 24 ore nello stato del Texas ma soprattutto un totale di 10.410 persone ricoverate in ospedale a causa del virus.
Luca Ricolfi sociologo e professore all'Università di Torino sull'Italia post-Covid, lancia l'allarme in vista di una seconda ondata di coronavirus: "Sarebbe una catastrofe"
"Se una seconda ondata dovesse abbattersi sulle nostre teste, quello cui assisteremmo non è una recessione drammatica, peggiore di quella del 1929, ma una catastrofe, l’inabissamento di un’intera civiltà". Ecco la profezia non è grigia, ma proprio nera. Il nemico invisibile non è sconfitto, anzi; nelle ultime settimane, anche causa l’allentamento delle misure di contenimento, il coronavirus è tornato a fare paura. Il trend dei nuovi contagi è in crescita in numerose realtà italiane e ora l’incubo è quello di ricadere nel vortice. Ecco perché l’accademico della Fondazione Hume tiene alta la guardia.
E intervistato dall’Huffington Post, dice: "Siamo nel momento più buio della notte, non nel senso che le cose vadano malissimo, ma nel senso che massima è l’incertezza interpretativa sui pochissimi dati che ‘Lor Signori’ hanno la benevolenza di comunicare a noi umili sudditi di questa sfortunata Repubblica. Quello che è certo è che nella prima metà di giugno, ossia in coincidenza della liberalizzazione degli spostamenti fra comuni, è successo qualcosa di grave e di nuovo".
Già, l’impennata di casi a partire soprattutto dall’ultima settimana di giugno: "Nelle ultime due settimane, ha cominciato a salire in modo sistematico e preoccupante. Nella scorsa intervista i calcoli della Fondazione Hume segnalavano 15-20 province critiche, ora ne segnalano quasi il doppio. E in queste province non vi sono solo le ‘solite’ province della Lombardia e del resto del Nord ma anche molte province del Centro Italia (fra cui Firenze e Roma) e del Mezzogiorno, ad esempio Avellino, Sassari, Chieti, Pescara, Salerno…". Insomma, la situazione non è rosea secondo le analisi della Fondazione Hume
Il nodo del lockdown preoccupa RIcolfi, che ha qualcosa da ridire su come è stato gestito a fine inverno: secondo il sociologo, è arrivato troppo tardi e di conseguenza la riapertura è arrivata troppo tardi, danneggiando in modo grave l’economia del Belpaese. "Sono piuttosto sicuro che aver ritardato di circa un mese il lockdown (il vero lockdown inizia solo il 22 marzo, ossia più di un mese dopo Codogno) non ha solo aumentato drasticamente il numero dei decessi, ma ha anche danneggiato l’economia (se si fosse chiuso subito, la chiusura sarebbe durata di meno)".
"Ci avviamo verso una società parassita di massa". “La nostra società, se non si cambia rotta, molto molto alla svelta (ma forse è già tardi), è destinata a trasformarsi in una ‘società parassita di massa’, che non è il contrario della società signorile di massa, ma ne è uno sviluppo possibile, una sorta di mutazione ‘involutoria’, come forse la chiamerebbe un matematico”. Luca Ricolfi, responsabile scientifico della Fondazione Hume, mostra tutti i rischi dell’epoca post-Covid per un paese che da anni si è auto-condannato al declino.
Infine, Ricolfi chiude la chiaccierata con l'HP con una domanda al governo: "Sul domani sono assai meno sicuro, ma la domanda me la faccio: oltre a far ripartire l’economia, non dovremmo preoccuparci – proprio per il bene dell’economia – di evitare l’arrivo di una seconda ondata?". Che sarebbe, appunto, una catastrofe.
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